Da Promoter a Field Operation Manager: la storia di Mattia
Dalle prime esperienze come Promoter al ruolo di coordinatore strategico: Mattia racconta il suo percorso nel Field Marketing, l’esperienza maturata sul campo e le sfide affrontate in un settore in continua evoluzione.
Ciao Mattia, ci racconti la tua esperienza lavorativa nel Field Marketing?
Dopo essermi diplomato, ho iniziato a lavorare come promoter a 19 anni per un’agenzia commerciale che, all’epoca, gestiva il brand Samsung. Era un’attività che svolgevo nei weekend, in un punto vendita di Milano nel reparto audio-video, mentre portavo avanti gli studi universitari e qualche lavoretto occasionale.
Il lavoro mi piaceva, lo trovavo stimolante e dinamico, così ho deciso di fare un passo importante: lasciare l’università per entrare nel team di Back Office della stessa agenzia, inizialmente in sostituzione di una collega in maternità. Al suo rientro, si è presentata l’opportunità di ricoprire il ruolo di Merchandiser, dove mi sono occupato soprattutto dell’allestimento delle esposizioni nei punti vendita. Essendo una persona molto curiosa, non mi sono fermato lì. Quando in azienda è stato introdotto il ruolo di Brand Ambassador, ho colto al volo l’occasione per candidarmi. Dopo il colloquio sono stato selezionato e ho svolto questo lavoro per quattro anni, sempre a Milano.
Queste esperienze mi hanno permesso di crescere molto, soprattutto sul piano organizzativo. Così, dopo un paio d’anni, sono diventato Area Manager del Triveneto: una sfida impegnativa, ma affrontata con un team affiatato che mi ha permesso di ottenere risultati davvero importanti.
Dopo altri due anni, in seguito a una riorganizzazione interna, sono tornato a Milano con un nuovo incarico: Supervisor per il Nord Italia (dalla Toscana in su) nel settore audio-video, ruolo che ho ricoperto per ben 15 anni.
Quando è avvenuto il passaggio decisivo che ti ha spinto a entrare in Pardgroup?
Ho sempre avuto una forte inclinazione per l’ambito commerciale, un settore che sento davvero vicino al mio modo di essere. A un certo punto del mio percorso, ho avvertito l’esigenza di rimettermi in gioco, di continuare a crescere e imparare.
Quando ho capito che nel contesto in cui mi trovavo mancava ormai quella spinta che mi aveva sempre motivato, è arrivata puntuale la proposta di Pardgroup: un’opportunità concreta, per un ruolo di grande responsabilità come Field Operation Manager.
L’idea di partire da zero, costruire un progetto tutto nuovo e formare una squadra da guidare mi ha subito entusiasmato. L’azienda ha creduto in me fin da subito, e questa fiducia mi ha dato la carica per affrontare il cambiamento e accettare una nuova sfida professionale.
Di cosa si occupa un Field Operation Manager?
Il Field Operation Manager si occupa di gestire il lavoro degli Area Manager e di supervisionare le qualità delle attività di Promoting. In base al progetto, valutiamo le performance dei professionisti considerando vari aspetti come l’approccio al cliente, la preparazione sul prodotto e i feedback ricevuti dai punti vendita. È un lavoro sinergico, basato su un continuo scambio di informazioni, in quanto mi confronto spesso con i Project Manager per monitorare l’andamento dei progetti e analizzare insieme eventuali criticità.
Quali sono state le difficoltà nel tuo percorso?
Specialmente all’inizio la sfida principale è stata far comprendere che il mio team non voleva ostacolare il lavoro dei Project Manager, ma piuttosto supportarlo. Il nostro ruolo è di affiancamento, non di sostituzione.
Al di là di questo, mi sono sentito subito accolto e valorizzato in Pardgroup. Qui c’è un forte spirito di condivisione e collaborazione. Per me, la velocità di esecuzione è fondamentale, e ho trovato un ambiente che condivide questa filosofia.
Pensi che il settore dell’Instore Promotion sia cambiato negli anni?
Decisamente. Il lavoro dei promoter era molto diverso rispetto a oggi, così come la mentalità e il mercato stesso. Dal 2007 al 2012, con il passaggio dalla TV a tubo catodico agli schermi LCD e LED, il settore viveva un periodo d’oro. All’epoca, un televisore da 40 pollici rappresentava l’eccellenza, mentre oggi è considerato un modello base.
La vendita poi era molto tecnica: si puntava sulle caratteristiche di ogni prodotto, confrontando plasma, LCD e LED. Oggi, invece, il focus è sull’esperienza immersiva: si vende la visione e l’emozione, non più solo i dettagli tecnici. Un paragone efficace è quello del cinema: il cliente ricerca sempre più spesso lo schermo grande e il suono avvolgente per un’esperienza coinvolgente. Le caratteristiche tecniche si sono appiattite e ora il cliente va conquistato con l’esperienza che il prodotto può offrire.
Quali consigli daresti a chi vuole diventare Brand Specialist?
Il lavoro di Brand Specialist è un’opportunità unica che può portare grandi soddisfazioni e aprire la strada a una carriera solida. Non è solo un’esperienza lavorativa, ma un vero e proprio percorso di crescita: ti permette di interagire con tante persone, di sviluppare competenze fondamentali e di farti notare. Se affronti ogni giornata con impegno e se dimostri di essere bravo e di saper fare la differenza, le opportunità non tarderanno ad arrivare. Può essere l’inizio di qualcosa di grande.